Eolo e Febo, il vento e il sole, ieri a giocherellare oggi a darsele, non con le mani ma facendosi dispetti, erano amati e detestati da chi era costretto a subire i loro capricci.
Era però Eolo, instabile e irascibile, a causare più malumori. Febo, troppo potente per temerlo, lo lasciava fare tranne quelle rare volte quando si vedeva costretto a dimostrargli la sua indiscussa superiorità. Insieme, quando non litigavano, deliziavano gli esseri e la natura sorgente di sensazioni voluttuose, accarezzate dalla brezza tiepida.
Eolo, un giorno come un altro, avanzava a passi decisi: arcigno, sguardo irrequieto, il corpetto stretto da cinture, cinture che stringevano le suppellettili ai polpacci. In testa un cappellone tenuto saldo da un sottogola, le falde assicurate con bretelle agganciate al corpetto.
“Ma come fa a muoversi così conciato?”, si chiese chi gli veniva incontro in abito leggero, capo scoperto e chiome bionde abbondanti, ondulate fino alla nuca. Sorridente, più che al dio Sole, somigliava a un adolescente intento a seguire il volteggio delle farfalle o il ronzare assiduo delle api da un fiore all’altro.
«Buongiorno Eolo! Scusa, dove vai imballato e stretto come un salame nello spago?»
«Lo puoi ben dire. Devo! Non posso permettermi nessuna falla.»
«Perché cosa ti attende?»
«Mi sposto verso un altro punto della rosa. Conosci la mia rosa, vero? Da lì sarò più forte ed efficiente nella direzione che mi lascio alle spalle. E tu non temi che il mio soffio possa strapparti le chiome e gli abiti fluenti che indossi?» espirando spazientito e dicendosi: “uffa, questo curioso e scocciatore”.
Le chiome svolazzanti per l’uffa, l’altro provò a rimetterle in ordine.
«Conosco la rosa attorno alla quale ami spostarti. Presto più attenzione alle nuvole tenute in riserva per te e che vai a scovare per farmi dispetti, nascondendomi anche quando non dovresti.»
«Come vedi, dimostro di essere più efficace e più efficiente di te.»
«Mah! Non ne sono convinto. Sei sempre pronto ad approfittare se allento il controllo. Direi che efficacia ed efficienza si misurano dai risultati a seguito del nostro agire. E non sono disposto a fare la sentinella per non farti impadronire di nubi e pioggia anche la notte quando sono assente.»
«Ecco tu sei Febo e io sono Eolo! È proprio qui che ti volevo. Con nuvole o pioggia, di giorno o di notte io posso fare valere la mia forza sulla natura e su ogni essere e sfido chiunque provi a negarlo. Mentre tu...»
«Non lo nego», lo interruppe Febo con un cenno, «e sono contento se moderi la mia potenza ma affinché ci sia vita, devo adoperarmi a che raggi di luce e di calore arrivino sulla faccia visibile della terra. In loro mancanza avremmo solo morte e deserto. Inoltre senza impegnarmi troppo né peccare di superbia, il mio effetto sulla natura e sugli umani, senza escluderti, è di gran lunga maggiore di ogni altro.»
«Ah, ah, ah! Dovresti dimostrarmelo!», e con un soffio possente scompigliò gli abiti di Febo quasi a strapparglieli via assieme ai capelli.
«Ascolta Eolo! Sta buono. Io occupo altre sfere e sono qui perché mi piace muovermi tra prati, flora e fauna. Se proprio vuoi, mettiamoci alla prova, vedremo chi di noi due, ottiene in meno tempo il miglior risultato ma a una condizione.»
«Che sarebbe?», facendosi attento.
«Niente violenza.»
Eolo prima storse il muso poi, curioso e fanfarone:
«Accetto! In che consiste questa tua prova?»
Dal sommo del colle, dove si erano incontrati, la vista spaziava sui dintorni e i loro occhi carpivano a distanza inimmaginabile i più piccoli oggetti, pensa poi le persone.
«Vedi quella giovane donna, laggiù?»
«Certo, dimmi!»
«È bella, vero?»
«Caspita! È una gran bella figliola. Vuoi lottare contro di me per impossessartene?»
«Ma che pensieri barbari ti vengono in mente! Vuoi rimanere l’Eolo selvaggio o cosa?Contentiamoci di ammirarne le fattezze e di accarezzarla mentre va tra l’erba e i fiori del prato.»
«Ebbene», fece Eolo con uno sguardo di sfida, «veni al sodo!»
«Vediamo chi riesce a spogliarla in meno tempo. Ci stai? Ma ti avverto, nessuna azione da comprometterne l’incolumità.»
«Un giochetto da ragazzini. In compenso cosa ci guadagno?», certo del proprio successo.
«Se ci riesci te ne godrai la vista, l’avvolgerai con il tuo soffio e io propagherò in tutta la natura la tua efficienza. Dipende da quanto ci metti.»
«Quanto tempo mi concedi?»
«Tanto quanto ne necessiti ma devi riuscirci un po’ prima del tramonto, perché a quell’ora, impegnato altrove, non potrò entrare in competizione.»
Eolo consultò il cronometro al polso. Almeno cinque ore a sua disposizione. Gli sarebbero bastati pochi istanti per denudare la giovane. Seduta stante, le indirizzò un potente getto d’aria cogliendola all’improvviso.
Quella, sorpresa, provò con le mani a frenare le chiome impazzite. Con uno sforzo fuori del comune, riuscì ad avvolgere il capo in una sciarpa mentre Eolo la strapazzava sollevandole le vesti, ridacchiando alla vista delle nudità scoperte.
La donna si piegava, abbassava le gonne, se le stringeva tra le gambe, si accoccolava al suolo. Soffiando ancora più forte lui la faceva traballare, la sollevava quasi ma la vittima opponeva una resistenza accanita e, al suolo, si aggrappava a ogni pianta o ciuffo d’erba che arrivava ad agguantare. Quasi una lotta per la sopravvivenza mentre per Eolo era un capriccio: vincere o perdere una scommessa.
Mise in azione i folletti piroettando su sè stesso e mettendo alla prova le cinture che lo stringevano e la tenuta del cappello. L’altra resisteva a oltranza.
Voleva ma non poteva andare oltre, la condizione posta prevedeva incolumità e Febo era lì a sorvegliare.
Un’ora dopo esaurita la potenza, come un otre vuoto e flaccido, le braccia penzoloni, dovette chetarsi.
«Certo ora che è stanca tu avrai la meglio. Ti sei preso giuoco di me facendomi intervenire per primo. Furfante!»
«Nessuna furfanteria.» gli rispose Febo, «La violenza è dei deboli. Io non le scuoterò nemmeno un capello. Sono qui a provartelo.»
L’atmosfera ritornata tranquilla, Febo indirizzò i suoi raggi moderati sulla donna spossata, intenta a riaversi.
Non ci volle molto. Seduta in mezzo al prato allontanò lo scialle, si aggiustò le chiome abbondanti e fece scivolare i palmi delle mani sul viso. Febo la osservava sorridendo mentre Eolo attendeva qualcosa di forte da un momento all’altro senza che ebbe a manifestarsi.
Il corpo irrorato dal calore, la giovane si guardò intorno e non scorgendo presenze indiscrete si liberò delle suppellettili. Via le vesti, via gl’indumenti più intimi, si avviò verso il ruscello che scorreva vicino. Eolo faceva gli occhi grossi. Lei sedette nuda lasciandosi accarezzare dall’erba ancora leggermente umida per gli spruzzi causati dalla furia dei soffi e, pochi istanti dopo, si distese supina abbandonandosi al sonno.
Eolo consultò il cronometro, “impossibile” constatò fra sé e sé, “solo alcuni minuti”.
Febo lo guardò sorridendo:
«Beh Eolo che ne dici?» e non ottenendo risposta, da un compare che ora faceva il broncio, «Fa scorrere il tuo alito sul suo corpo. Gratifichiamola assieme al tiepido calore dei miei raggi.»
«Va bene Febo.», leccandosi le labbra asciutte. «Per questa volta hai vinto.»
«Lascia perdere! È l’esito che conta. Non ne è valsa la pena?»
«Beh... sì.», ammise; liberandosi del cappellone, allentò le cinture che lo soffocavano e si asciugò il sudore senza prestare attenzione al sorriso bonario e pieno di luce di Febo.
ricavato e ampliato da un’antica favola ellenica di terza elementare.
S. C. M.
3 novembre 2021